Biologico, Ambiente e Cultura alla Ca’ Al del Mans

Nei giorni 17,18 e 19 di Agosto la Cooperativa Sociale Ca’ Al del Mans, tra i primi soci del Bio-Distretto, organizza a Serina un’intensa quarta edizione de “Bio e la terra, relazione che alimenta”.

È un’occasione importante di riflessione sui temi dell’agricoltura di montagna, del biologico e dell’agricoltura sociale.

Alla quasi trentennale esperienza della Ca’ Al del Mans il Corriere della Sera, edizione Bergamo, ha dedicato un significativo articolo che illustra il lavoro di Adriano Carrara, dei suoi familiari e dei suoi collaboratori.

Ideali, carote e un festival: Cà Al del Mans, a Serina i pionieri degli ortaggi biologici.

Dietro alla manifestazione in programma dal 17 al 19 agosto, la cooperativa sociale fondata nel 1990. Dà lavoro a chi vive situazioni di disagio e porta avanti i principi del rispetto per l’ambiente e della persona al centro.

In quest’epoca di mangiar sano, di patiti dello yoga e tutto al naturale, il festival che da venerdì 17 a domenica 19 agosto animerà il convento di Serina è quanto di più attuale ci possa essere. «Bio e la terra, relazione che alimenta», da quattro anni, offre menù rigorosamente biologici, trattamenti shiatsu e ginnastica di gruppo, laboratori per i bambini e lo shopping fisso tra stand di tisane e unguenti, collane e babbucce lavorate a mano. O sono prodotti che rispettano l’ambiente oppure che fanno bene alle persone.

Potrebbe passare per una manifestazione appesa alla moda del momento. Invece mantiene, forte, l’impronta della Cà Al del Mans, la cooperativa sociale che l’ha ideata e che qui, a 850 metri sul livello del mare, coltiva ortaggi dal 1990. Tra i pionieri della coltura biologica, in provincia è seconda solo ad Aretè e tutt’oggi è l’unica in Lombardia a produrre quintali di verdura in una zona di montagna. Sono 800 all’anno.

Adriano Carrara, il fondatore, lo trovi di domenica pomeriggio. Il perché lo capisci dalle sue mani. Sono segnate dalla terra che un gennaio di quasi trent’anni fa lo convinse a fermarsi in cima a questa strada a curve, stretta e con una pendenza che concede al massimo la seconda. «Quel giorno — ricorda — un contadino mi dice per caso che c’è quest’edificio in vendita». È la sede della cooperativa, dove la salita si apre in una distesa di prati, serre e alberi di noce. A pianoterra, attrezzi e magazzino, il furgone delle consegne pronto per un altro carico. Il primo è dedicato alla casa vacanze, dove per Paolo e Annarosa è l’ora del caffè. Lui è un medico che per il suo Gas di Seriate (Gruppo di acquisto solidale) s’era messo a cercare carote bio, il fiore all’occhiello della coop. Annarosa ha alle spalle un periodo in Amazzonia per il Movimento laici America Latina. Così si spiega come sono arrivati «all’Adriano».

Ecco. Se spirito e ideali sono quelli dell’inizio, forse è perché la storia della Cà Al del Mans ha radici lontane, negli anni che Carrara e la moglie Francesca hanno vissuto da volontari tra i campesinos dell’altopiano di San Andres de Machaqa, in Bolivia, tra il 1986 e il ‘90. Erano partiti in tre, con il primogenito Alessio che aveva solo 2 anni. Sono tornati in cinque: Saverio è nato là e Claudia è la figlia che hanno deciso di adottare. «Un volta tornati, abbiamo condiviso con alcuni amici l’idea di vivere la solidarietà, partendo da questo luogo». Carrara conserva le linee del progetto dattiloscritte come gli appunti dell’esperienza sudamericana. «E siccome al centro deve esserci la persona, la nostra agricoltura non poteva che essere biologica». Nelle serre e nei campi, oggi, a due operai fissi si alternano persone disabili, con problemi di tossicodipendenza, richiedenti asilo, anche. La prima serra fa da incubatrice alle colture che poi saranno trapiantate. Finocchi, pomodori di ogni forma, melanzane e peperoni. Porri e patate a volontà. In estate, le insalate impongono un tour de force con trapianti settimanali e quasi mille cespi raccolti. «I cavolfiori sono micidiali — sorride Carrara, che tra il ‘94 e il 2003 è stato anche sindaco di Serina —. Non crescono mai, poi, in dieci giorni, te li ritrovi lì, maturi. E devi correre». Un pezzo forte stanno diventando le zucche, 50 quintali l’anno. Le cipolle, quest’estate, mica tanto: «Colpa delle piogge di maggio. Se il raccolto sarà buono, lo capisci subito, da come una pianta cresce».

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